Mondo nuovo by Miceli Jeffries Giovanna

Mondo nuovo by Miceli Jeffries Giovanna

autore:Miceli Jeffries, Giovanna [Miceli Jeffries, Giovanna]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Narrativa, General, Fiction
ISBN: 9788849870688
Google: 6M7ozgEACAAJ
editore: Rubbettino
pubblicato: 2022-01-31T23:00:00+00:00


Banane canadesi

Io e mia sorella arrivammo a Montreal nel primo pomeriggio di una giornata di agosto tersa e col sole splendente. I miei genitori e il mio fratellino insieme ai cugini di mia madre ci aspettavano con braccia sventolanti e larghi sorrisi, mia madre piangeva di contentezza. I miei erano arrivati meno di un mese prima con la nave Cristoforo Colombo, ma a mia madre doveva essere sembrata un’eternità; adesso eravamo tutti riuniti. E anch’io mi sentii in qualche modo sollevata dentro la macchina enorme dei cugini, stretta nelle braccia di mia madre. L’aria era trasparente, leggera e sterminata; un immenso verdeggiare di prati e alberi si apriva in tutte le direzioni: il giallo intenso che impregnava l’aria in Sicilia era scomparso.

Lungo il tragitto mia madre parlava a ruota libera, con un entusiasmo che non le conoscevo. Quando entrammo dentro il piccolo appartamento che avevano affittato al primo piano, sopra un supermercato, mi meravigliai alla vista di un casco di banane al centro del tavolo. Non ne avevo mai assaggiate prima, le consideravo un frutto per privilegiati, destinato a pochi eletti. Era un buon segno, la promessa di qualcosa di nuovo che stava nascendo intorno a noi. Mia madre mi incoraggiò a mangiarne una, e dopo averla malamente sbucciata la divorai in tre bocconi.

Il giorno dopo molti compaesani vennero a salutarci, come era uso. Le ragazze ci portarono a fare una passeggiata in un parco a un isolato dal nostro appartamento. C’erano le altalene, dove anche gli adulti si dondolavano. Altalene vere, solide, non come quelle che da ragazzina improvvisavo per strada con una corda, e che immancabilmente mi facevano finire con grandi strapazzate del sedere. Mi impadronii di una di quelle altalene e cominciai a svolazzare avanti e indietro, respirando un senso di libertà e di benessere in mezzo a tutto quel verde, con il vento tra i capelli, e dimenticai per un po’ che ora fosse al mio paese in quel momento, e non pensai a cosa stessero facendo le mie amiche in Sicilia. Mentre ci alternavamo nelle altalene, le ragazze parlavano tra di loro del lavoro in fabbrica, del boss, di macchine per cucire con nomi francesi. Era domenica, la loro giornata libera. Le ascoltavo senza fare domande, mi sembravano un po’ più distanti adesso che discutevano di una realtà che non conoscevo, come se non fossimo più dello stesso paese, e della stessa età. Forse, mi dicevo, non potevamo diventare amiche subito.

Una sera della settimana seguente ci telefonò la giovane moglie di un nostro compaesano, Cettina, che si era impegnata a farci trovare lavoro nella sua fabbrica. Dovevamo lasciare fare a lei, spiegò a mia madre, perché sapeva parlare il francese e ci avrebbe presentato al boss. Noi non dovevamo dire niente. Ci diede appuntamento per l’indomani mattina alle otto, dandoci le istruzioni sugli autobus da prendere per raggiungere l’indirizzo.

Ci vestimmo con cura l’indomani: era la prima volta che andavamo al lavoro e non sapevamo esattamente cosa mettere, ma sicuramente saremmo state insieme a tante altre persone che ci avrebbero guardato, praticamente era come andare in piazza.



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